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al testo di Amina Narimi
Conto ancora in sardo
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Molto ferita. Piano, piano, è un cambio di pelle lo sguardo- si direbbe una musica l’impronta più duratura che lascia è un balzo ed insieme un ritorno alla casa- l’accordo con qualcosa di più ampio Annuso. Ti tasto. Assaporo il tuo sentire. Mano a mano un verde aperto d’improvviso un animale quando fiuta un verso che non s’abitua, che non si ripete. Faccia a faccia col mistero. Non sei più la driade dell’albero che amo, la sua altezza, l’albero sei tu che mi vieni incontro nel silenzio, nel silenzio fresco senza forma, che abbracci tutti i nomi che conosco Nell’attesa, che si fa poesia, c’è grazia. Mi basta sapere che resiste un raggio segreto dello sguardo con un cerchio d’aria sopra il capo "una febbre leggera" e le pietre cascate nell’acqua formano un velo che abbaglia là dovrebbe trovarsi la tua fronte. Solo allora se batto coi talloni seduta sulla tavola solo allora se c o n t o a n c o r a i n s a r d o: quando vieni- più spingo al buio le radici sulla bocca più vedo il tuo albero salire dalla luce.
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Franco Fabiano
- 08/05/2015 11:15:00
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Testo descrittivo efficacemente evocativo, illustrazioni belle ed espressive.
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quattrostraccisullapelle
- 08/05/2015 10:26:00
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“Nell’attesa, che si fa poesia, c’è grazia. Mi basta sapere che resiste un raggio segreto dello sguardo”
e quello sguardo ritrovo nei riflessi dentro uno specchio d’acqua, ma è in quel tuo canto sardo che vi è nell’Universo l’esplosione dell’Amore:
“Solo allora se batto coi talloni seduta sulla tavola solo allora se c o n t o a n c o r a i n s a r d o: quando vieni- “
Quel battere i talloni mi riporta alla taranta di un altro tempo di un tempo di un tuo primordiale dire.
SempreMiaInsuperabilePoetessa
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Antonio Ciavolino
- 05/05/2015 04:14:00
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Brava Amina, brava. Ritrovo le tue atmosfere ma ho trovato anche un cambio di registro, un ritmo nuovo, nella composizione. La forma - che talvolta è anche sostanza - è più snella e movimentata così recando un flusso poetico affabulante dallumore - musicalmente - jazz, imho, nelle inarcature o nellalternarsi di versi lunghi e brevi, anche di una parola sola, come a sincopare il motivo della narrazione. Questa mutazione, che non è solo formale, testimonia della tua ricerca e della tua passione autentica per la poesia che ci profondi a piene mani, generosa ed io che personalmente amo più il multiforme Proteo che il monolitico Efesto, posso solo esultare. Complimenti <3 LuV
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Elsa Paradiso
- 04/05/2015 11:53:00
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Nellamore che in tutto abbraccia, si ritrova il bocciolo primordiale. Bellissima, un piacere leggerti. Ciao, Amina.
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Loredana Savelli
- 04/05/2015 06:59:00
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Molto bella! Bella anche la grafica.
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amina narimi
- 03/05/2015 20:01:00
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che bella chessei Cristina! è davvero contando in sardo che comprendo il corpo nudo interamente in una mandorla ancora balbuziente, le prime vertebre le sacre e negli occhi le camere nuziali...là dove chiedevo che cantasse la montagna la sua lingua murmure muto mistero... che splendore quella tunica di pelle che si solleva, che cade, la conoscenza è amore.. non a caso. Devo salire gli dei della sera...a presto Cristinissima
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Cristina Bizzarri
- 03/05/2015 19:40:00
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Vorrei aggiungere che sto imparando in questo periodo che la "tunica" posta sui corpi di Adamo ed Eva, è non certo una punizione ma bensì un gesto di carità e di protezione. Affinché inizino un percorso che è il nostro percorso. Ma so troppo poco e forse già scrivendo questo sono stata imprecisa. Comunque, riprendendo un discorso che si faceva qui insieme, mi rendo conto sempre di più di come le narrazioni del "principio" - non inizio, perché il principio avviene continuamente! - sono spesso state interpretate in maniera miseramente riduttiva!
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Cristina Bizzarri
- 03/05/2015 19:11:00
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Corrispondenze. Torna la parola CHÀRIS. Dove tutto è gratuità, tutto dono che sale dal basso o discende dallalto. È questo il grande incontro? Non tutto è chiaro qui, e lautobiografia convive con la poesia - comè più bella per me la poesia quando lascia filtrare scorci della vita del poeta, trasformati, o magari allucinati, ma sempre così appartenenti a un "io" che si dona gratuitamente e arricchisce della sua la nostra esperienza - non tutto è chiaro ma che importa? Importa, invece - sì come nel Pascoli - costa, invece, la veste, la tunica che "mamma ti fece", qui il velo sugli occhi, sulle "pietre cascate nellacqua". Perché non possiamo vedere oltre la vista, il nostro "peccato" - ma non è la parola giusta lo so! - è la tunica sugli occhi. Ma, battendo i piedi, partendo dal basso a risalire, " più vedo il tuo albero salire dalla luce". Questo è quello che riesco a cogliere di questa tua poesia che ancora una volta mi dice che il caso non esiste. Sono andata per intuizione, ma così lho ricevuta!
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Franco Bonvini
- 03/05/2015 18:26:00
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E quasi un battere autistico, coi talloni, a tenere un tempo in 2 quarti su un accordo in diminuita. Un chiedere dal buio "quando vieni?" seguendo la luce di un raggio segreto dello sguardo. Ma forse l albero ha radici profonde
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Lorenzo Mullon
- 03/05/2015 16:45:00
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bella evviva la febbre leggera che parla della nostra pienezza
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